Lo stress da lavoro correlato non è solo una voce nei documenti sulla sicurezza, né un concetto astratto di cui si parla in qualche corso obbligatorio. È una condizione reale, tangibile, che ogni giorno influisce sulla salute delle persone e sul funzionamento delle aziende. Quando le pressioni diventano insostenibili, quando le richieste del lavoro superano ciò che si riesce a gestire, il risultato è uno solo: si sta male. E chi sta male lavora male, oppure smette del tutto.
In un contesto lavorativo sempre più rapido, competitivo e frammentato, ignorare lo stress significa ignorare un pezzo enorme della vita professionale. Ma affrontarlo con consapevolezza può cambiare le cose. Vediamo insieme perché.
Che cos’è lo stress da lavoro correlato
Non è una semplice tensione passeggera. Lo stress da lavoro correlato è una risposta psicofisica prolungata a pressioni che una persona percepisce come eccessive rispetto alle sue capacità, risorse o strumenti. Non riguarda solo la quantità di lavoro, ma anche la sua qualità, l’ambiente, le relazioni, le aspettative.
Secondo l’INAIL e l’Accordo europeo del 2004, non si tratta di una malattia in sé, ma può causare gravi problemi di salute mentale e fisica, e quindi va prevenuto e gestito come un rischio a tutti gli effetti.
Non tutte le situazioni di stress sono negative. Esiste uno stress “buono”, lo eustress, che motiva, stimola e migliora la performance. Ma quando lo stress diventa cronico, disfunzionale e senza via d’uscita, si trasforma in distress, e lì iniziano i veri problemi. Il corpo si affatica, la mente si confonde, e ogni giornata lavorativa diventa una salita ripida e faticosa.
Le cause principali che lo generano
Molte volte si pensa che lo stress sia causato dal troppo lavoro. Ma la verità è più complessa. Ci sono lavori intensi che però non stressano, e ruoli apparentemente tranquilli che logorano. Perché tutto dipende dal contesto, dal supporto e dalla percezione di controllo.
Ci sono ruoli ambigui, in cui non si capiscono bene responsabilità e obiettivi. Oppure conflitti tra colleghi o con i superiori, spesso non affrontati. La comunicazione ambigua o assente aumenta l’incertezza, mentre ritmi di lavoro serrati o turni pesanti prosciugano le energie. Anche la precarietà contrattuale e la mancanza di crescita incidono. E poi ci sono ambienti fisici scomodi o rumorosi, e la richiesta costante di disponibilità oltre l’orario.
Ma c’è anche uno stress da “vuoto”: situazioni in cui il lavoratore si sente inutile, sottoutilizzato, ignorato. Anche questo, se prolungato, logora profondamente. Il problema spesso è che non ci si accorge del peso che queste situazioni generano fino a quando il corpo non presenta il conto.
I sintomi più frequenti da non sottovalutare
Quando lo stress diventa cronico, il corpo e la mente cominciano a reagire. E lo fanno spesso in modo silenzioso, ma costante. Si dorme male, si perde la concentrazione, si lavora più lentamente, si diventa irritabili. E se non si interviene, il rischio è quello di scivolare verso patologie vere e proprie, come depressione, ansia generalizzata, disturbi psicosomatici o burnout.
Molti sintomi si sommano e si alimentano a vicenda, rendendo difficile distinguere tra cause personali e lavorative. Ma se i malesseri iniziano a manifestarsi solo sul lavoro o si intensificano nei periodi di maggiore pressione professionale, il campanello d’allarme è chiaro.
Anche la sfera relazionale si altera: si diventa più chiusi, meno disponibili, più reattivi. Alcuni iniziano a evitare le riunioni, altri vanno in crisi al primo feedback. Le conseguenze non restano solo nella mente del singolo, ma si riversano sull’intero ambiente lavorativo.
Quanto costa davvero lo stress alle aziende?
Pensare che lo stress sia solo un problema personale è un errore comune. In realtà, lo stress da lavoro correlato ha un impatto diretto sulle performance aziendali. Secondo l’Agenzia europea per la sicurezza sul lavoro, lo stress costa all’Europa oltre 20 miliardi di euro l’anno, considerando solo le assenze per malattia, la perdita di produttività e i costi sanitari.
Le aziende che non affrontano il problema si ritrovano con un alto tasso di turnover, più errori operativi, difficoltà a trattenere i talenti, aumento del contenzioso e peggioramento dell’immagine. Trascurare lo stress significa perdere soldi, tempo e valore umano.
E non si parla solo di grandi imprese. Anche una PMI può subire gravi danni: basta un piccolo team disfunzionale per compromettere risultati, relazioni e persino la reputazione presso clienti e fornitori. Lo stress è silenzioso ma contagioso, e può diventare una spirale pericolosa se non si interviene.
Cosa impone la normativa
In Italia, il riferimento principale è il D.Lgs. 81/2008, che obbliga ogni datore di lavoro a valutare e gestire anche i rischi psicosociali, incluso lo stress da lavoro. Questo significa che lo stress va inserito nel DVR, il Documento di Valutazione dei Rischi, e affrontato con azioni concrete.
La valutazione deve coinvolgere il RSPP, il medico competente, l’RLS e ovviamente i lavoratori stessi. I risultati vanno documentati, aggiornati e accompagnati da misure preventive. Chi non lo fa rischia multe e perdita di credibilità. Ma oltre agli obblighi, la legge invita a costruire ambienti più sani.
Negli ultimi anni, gli enti ispettivi hanno intensificato i controlli e anche aziende più piccole sono entrate nel mirino. La legge non chiede miracoli, ma coerenza, responsabilità e impegno documentato nel tempo.
Per lo stato lo stress è cosi importante che i dati e i risultati devono essere caricati direttamente sul portale INAIL!
Come si effettua una valutazione efficace
Valutare il rischio stress da lavoro correlato significa indagare le vere condizioni di lavoro, non solo distribuire qualche questionario. L’approccio corretto prevede l’analisi di dati oggettivi come assenze, infortuni e turnover, la mappatura dei fattori relazionali e organizzativi, l’ascolto dei lavoratori e l’uso di strumenti validi come il modello HSE o le checklist INAIL.
Spesso si parte da una valutazione preliminare per poi passare, se emergono segnali, a un’analisi approfondita. Ma ciò che fa davvero la differenza è l’atteggiamento con cui si conduce il processo: deve essere partecipativo, trasparente e orientato al miglioramento continuo.
Una valutazione seria non serve solo a tutelarsi legalmente, ma diventa un’occasione preziosa per migliorare l’organizzazione e il clima interno.
Le azioni concrete per prevenire e ridurre lo stress
Ecco alcune delle strategie più utili per prevenire o contenere lo stress da lavoro:
- bilanciare i carichi di lavoro e dare priorità chiare
- offrire maggiore autonomia e coinvolgimento
- creare occasioni di dialogo tra colleghi e responsabili
- promuovere la formazione su benessere e comunicazione
- migliorare l’ambiente fisico e garantire pause adeguate
- favorire il work-life balance
- riconoscere i meriti e incentivare la crescita
Ogni azienda può scegliere soluzioni adatte alla propria realtà, ma la chiave è non agire in modo burocratico o formale. Le persone percepiscono subito se un’iniziativa è autentica o solo di facciata.
Quando lo stress diventa un problema legale
Se il datore di lavoro non interviene e il disagio peggiora, lo stress può trasformarsi in una causa legale. In alcuni casi, il lavoratore può chiedere il riconoscimento della malattia professionale, oppure dimettersi per giusta causa. La giurisprudenza ha già riconosciuto il legame tra condizioni organizzative scorrette e danni alla salute.
Per evitare questo tipo di escalation, l’azienda deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per prevenire e monitorare il problema. E questa dimostrazione si costruisce giorno dopo giorno.
Anche il lavoratore ha un ruolo attivo: segnalare i disagi, partecipare ai percorsi di prevenzione, fare rete con i colleghi può fare la differenza. Lo stress va affrontato insieme, non isolati.
Verso una nuova cultura del lavoro sano
Sempre più aziende stanno capendo che investire nel benessere conviene. Parlare apertamente di stress, formare i responsabili, ascoltare i team, promuovere la fiducia sono gesti che cambiano tutto.
Le realtà più lungimiranti adottano approcci come la Work Health Promotion, che unisce prevenzione, sviluppo e qualità della vita lavorativa. E i risultati si vedono: meno turnover, più motivazione, clima positivo e migliori performance.
Cambia anche la percezione del lavoro: non più un luogo dove resistere, ma uno spazio in cui crescere, imparare, collaborare. Un ambiente sano migliora la produttività, ma anche la vita.
Meno stress, più valore
Affrontare lo stress da lavoro correlato non è un lusso da grandi aziende. È una necessità per tutte le realtà che vogliono crescere in modo sostenibile, trattenere i talenti e costruire un futuro solido. Non basta rispettare la legge: serve un cambio di mentalità. Perché un’organizzazione che fa star bene le persone funziona meglio. Sempre.
Chi investe nel benessere non fa solo prevenzione. Fa innovazione, costruisce relazioni più forti e diventa più competitivo. Il primo passo? Iniziare a parlarne, senza tabù.
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